Parliamo dell’elefante nella stanza.
Non di Covid-19, di quello meglio che ne parlino gli esperti.
Ma possiamo parlare dell’isolamento, del divieto di uscire di casa, delle valide motivazioni, e soprattutto, di come fare a resistere e a sopravvivere a tutto questo tempo con noi stessi.
Ognuno la vive in modo diverso, ognuno si trova in una situazione diversa. C’è chi continua ad andare a lavorare, per salvare vite, o per mantenere i servizi essenziali. A loro dico un enorme grazie. Sia se abbracciate ancora i vostri cari quando tornate a casa, o rimianiate isolati per proteggerli, o viviate soli e quindi rientrate in una casa vuota. Grazie, senza di voi saremmo persi.
C’è chi lavora da casa ed è stressato perché ha figli, mariti o mogli, compagni che minano la concentrazione. C’è chi lavora da casa e vive solo, e riesce a lavorare ma dopo non ha nessuno da abbracciare.
C’è chi non lavora dal 23 febbraio, o poco dopo, e tra questi moltissimi sono a casa senza paga, perché liberi professionisti. E quindi all’isolamento si aggiunge la paura, la preoccupazione del come fare a pagare tutto, adesso e dopo, quando sarà finita.
Per tutti c’è la domanda: quando sarà davvero finita? Perché forse è proprio questo che rende tutto pesante. Se sapessimo che in data X potremo tornare a vivere come prima, forse sarebbe più facile. E invece non possiamo saperlo. I numeri crescono, e noi continuiamo a guardarli.
Ci ritroviamo a passare un sacco di tempo con noi stessi, inevitabilmente. Non abbiamo più tutte le distrazioni di cui ci riempivamo la vita, e dobbiamo fare i conti col nostro io. E non è una cosa facile, anche perché è proprio in situazioni difficili che esce quell’io che noi così disperatamente cerchiamo di nascondere.
E così, ecco fioccare attività, alcune gratuite, altre magari solo scontate, da fare online, dal fitness alla cultura, perché questo tempo dovremo riempirlo in qualche modo.
Da un lato è molto bello, approfittiamone per imparare qualcosa, muoviamoci un po’. Ma cerchiamo di non riempirci le giornate fino all’ultimo secondo. Non era forse quello ciò di cui ci lamentavamo prima? Di non avere tempo di riposarci, o di leggere, o di fare qualcosa che ci piace?
Magari, prima di buttarti e iscriverti a mille corsi, fermati a pensare alla lista di cose che volevi fare “un giorno, quando avrò tempo” – e poi fai una di quelle cose. Una alla volta magari. Siamo abituati a vivere a cento all’ora e adesso abbiamo un’opportunità unica: rallentare. Goderci il tempo con i nostri cari, se vivono con noi. Chiamarli, se non possiamo vederli. E abbiamo l’opportunità di conoscere noi stessi davvero. Chi sono, senza la pressione sociale che mi spinge a voler essere altro? Chi sono, in un momento di difficoltà, quando perdo le speranze? Chi sono, quando non posso fare altro che essere?
Possiamo finalmente rispondere a queste domande, adesso, se vogliamo. E possiamo migliorarci, se quello che scopriamo non ci piace.
Approfittiamo di questo tempo per studiare, leggere, fare, ma approfittiamone anche per non fare. Per essere e basta.
Approfittiamo delle offerte, delle lezioni gratis, ma scegliamo bene come spendere il nostro tempo, scegliamo bene gli insegnanti con cui studiare e gli istruttori con cui muoverci. E se possiamo permettercelo, valutiamo anche la possibilità di pagarli, quei corsi. Perché ricordiamoci sempre che dietro a quei corsi o a quelle lezioni c’è il lavoro di un professionista. Un professionista che magari al momento non può lavorare e guadagnare, e sta cercando il modo di andare avanti.
Ci siamo chiusi in casa per un bene comune. Cerchiamo di vivere anche tutto il resto in nome di un bene comune, perché comune significa che è anche nostro.
Così ne usciremo davvero più forti. Così davvero, alla fine, andrà tutto bene.