Non è yoga se è silenzioso.
Non è yoga se non urla contro l’ingiustizia.
Non è yoga se ignora un genocidio (più di uno) in corso.
Non è yoga se chiude fuori il mondo.
È vero, quando pratichiamo ci viene detto di concentrarsi su noi stessə, sul nostro corpo, sul nostro respiro, sulla nostra mente.
Quando meditiamo cerchiamo di tenere a bada i pensieri, di trovare quello spazio vuoto tra un pensiero e l’altro. Anche se io preferisco lasciar fluire i pensieri e osservarli.
Il fatto è che quel concentrarsi su di noi è una cosa momentanea. Lo facciamo per imparare a tenerci presenti, a non annullarci completamente nel tentativo di aiutare il prossimo, o anche solo nel rapporto col prossimo. E per imparare a farlo, prima dobbiamo conoscere quella persona che dobbiamo tenere presente. Dobbiamo vedere chi siamo. Dobbiamo esplorare anche i nostri lati più oscuri. Vederli prima di, eventualmente, cambiarli.
Osserviamo le emozioni per riconoscerle, capirle, imparare ad usarle quando possibile, a lasciarle fluire attraverso di noi quando è quello che devono fare.
Ci guardiamo dentro e troviamo rabbia, e cerchiamo di capire da dove viene, ma anche come possiamo usarla per fare qualcosa di positivo. Lo stesso per la gioia, la tristezza, la paura.
Lo scopo non è diventare eremiti. Non è chiuderci in una bolla dove tutto è bello per non perdere la pace interiore che crediamo di aver raggiunto o di dover raggiungere. Lo scopo è riuscire a restare saldi nelle avversità che colpiscono noi e il nostro prossimo. E con fermezza, con la forza che abbiamo trovato, con le emozioni che abbiamo imparato a usare a nostro vantaggio, fare qualcosa.
Fare quello che sappiamo fare e metterlo al servizio degli altri quando serve.
Sono passati troppi giorni però, 73 giorni. E 75 anni nel caso della Palestina.
E il silenzio di troppi insegnanti di yoga non è più giustificabile. Pochi giorni per raccogliere le idee, informarsi magari, capire cosa succede, capire come ci si sente. Quelli li posso capire, da chi di questione palestinese conosceva poco o niente.
Ma ora, dopo così tanto tempo, così tanti palesi crimini di guerra, così tante vittime civili e innocenti…ora no, ora quel silenzio non è più giustificabile.
Non si può insegnare qualcosa che non si capisce, e mi pare che lo yoga non sia stato davvero capito da troppi.
