Brahmacharya

Eccoci al quarto Yama, quello che negli anni mi ha fatto venire non pochi dubbi: Bramacharya: controllo o continenza sessuale, castità.

Si parla di Brahmacharya nel Sutra 38 del Sadhana pada (la seconda sezone degli Yoga Sutra), che viene tradotto e interpretato in molti modi. Qualcuno parla proprio di assoluta castità, altri di controllo, altri ancora non parlano della sessualità ma di una continenza generica. Se pensiamo al concetto di castità che conosciamo (praticato in genere da religiosi), il dubbio nasce subito: molti, o quasi tutti, i più famosi guru avevano famiglie a volte anche molto numerose. Personalmente, ho trovato un po’ di “pace” durante una lezione di filosofia con un insegnante di Rishikesh, che diceva (riporto a memoria):

“Non dobbiamo essere monaci. La sessualità è un dono divino, come può essere cattivo/sbagliato? Nella vita di tutti c’è spazio per il piacere, ma entro certi limiti. La maggior parte dei grandi yogis avevano famiglia. La questione è avere controllo sui desideri e gli impulsi sessuali – dovrebbero nascere quando vuoi tu, non all’improvviso.”

Ho ritrovato poi un’interpretazione simile, se non uguale, in B.K.S. Iyengar e nel suo commento agli Yoga Sutra:

“Brahmacharya, nel senso del controllo sessuale o castità, è spesso male interpretato. L’energia sessuale è l’espressione fondamentale della forza vitale. E’ immensamente potente, ed è essenziale controllarla e canalizzarla. In nessun modo dovrebbe essere disprezzata. Al contrario, va rispettata e stimata. Colui che cercasse semplicemente di sopprimere o reprimere la sua energia sessuale, non farebbe altro che denigrare la propria natura. […]” *

E ancora:

“La rinuncia è un processo positivo di disimpegno, non un rifiuto sterile.” *

(Qui, volendo, potrebbe starci bene una digressione sulle violenze sessuali perpetrate per anni da alcuni “guru”, che chiaramente hanno così violato più o meno tutti gli Yama che insegnavano, non solo Brahmacharya. Non lo faccio non solo perché mi dilungherei troppo, ma perché non ne ho le competenze. E’ un argomento su cui mi tengo informata, però, e sarò felice di fornire risorse a chiunque le chiederà).

Che dire. Per anni ho pensato che fosse la mia mentalità occidentale (e diciamolo, anche tendenzialmente atea e poco spirituale), a farmi dubitare di certe traduzioni o interpretazioni. E forse è quella mentalità che mi fa prendere per più plausibili quelle scritte più sopra.

Forse, in effetti, per analizzare davvero gli Yoga Sutra occorrerebbe un sanscritista.

“Commento agli Yoga Sutra di Patanjali” B.K.S. Iyengar – Edizioni Mediterranee

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